Domani il Parlamento vota sul FOIA

L’incertezza che, da gennaio, avvolge la versione riveduta e corretta del Freedom of Information Act italiano inizia a diradarsi.

Se Renzi nel suo #matteorisponde aveva parlato di miglioramenti al testo, senza mai scendere in dettagli, il Ministro Madia si è sbilanciata sugli interventi al testo in Consiglio dei Ministri.

Lodando i contributi di Foia4Italy, il Ministro della Pubblica Amministrazione ha promesso sostegno totale su due punti: l’abolizione del silenzio diniego e l’identificazione di un ricorso alternativo al TAR.

Nel frattempo non è chiaro cosa succederà agli altri aspetti critici del testo.

Mercoledì mattina le Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato voteranno il loro parere sul testo: siamo al momento cruciale per questa legge, in quanto è l’ultimo passaggio prima che il testo ritorni nelle mani del Governo e si arrivi a un’approvazione definitiva.

Il parere preparato dall’On.Anna Ascani, relatrice del testo alla Camera, va ben oltre i due punti citati dal Ministro Madia e propone di eliminare tutte le debolezze che impediscono al testo di essere un vero Freedom of Information Act. Oltre all’abolizione del silenzio diniego e al ricorso stragiudiziale il Parlamento dovrà decidere se sostenere queste richieste:

1. l’abolizione dell’onere per il cittadino di individuare chiaramente quali documenti vuole richiedere (indicando ad esempio numeri di archiviazione);

2. l’abolizione dell’obbligo di rimborso da parte dei cittadini anche quando richiedono i documenti in formato digitale;

3. una delimitazione delle eccezioni a tutela di danni concreti (definiti da linee guida da approvare non oltre i prossimi sei mesi);

4. procedure più chiare per l’accesso (come l’individuazione di un unico ufficio-sportello);

5. la costituzione di un Osservatorio che garantisca la corretta applicazione della norma;

6. di definire chiaramente cosa succede alla vecchia legge sul diritto di accesso (241/1990).

Come ripetiamo dalla pubblicazione del testo si tratta di modifiche di base, necessarie per parlare di vera tutela del diritto di accesso alle informazioni.

FOIA4Italy chiede semplicemente che l’impegno politico di garantire il diritto di accesso alle informazioni sia concreto: questo è possibile attraverso i punti elencati dall’ On.Ascani ma anche dall’imposizione di sanzioni alle Pubbliche Amministrazioni inadempienti e da un’estrema attenzione alla fase attuativa del decreto in particolare con la costituzione di un Osservatorio che coinvolga la società civile.

Tocca ora al Parlamento decidere se accontentarsi di un principio senza speranza di applicazione o impegnarsi sulla strada della vera trasparenza sostenendo chiare modifiche al (quasi) FOIA italiano.

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Quando la burocrazia è difensiva: 5 criticità che affondano il Foia italiano

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Una manifestazione di “burocrazia difensiva”, così è stato definito il disegno di legge sulla trasparenza (il cosiddetto Foia italiano) dalla maggior parte delle associazioni della società civile ieri pomeriggio in audizione presso le Commissioni affari costituzionali riunite di Camera e Senato. L’analogia con la “medicina difensiva” è solo lessicale perché a differenza di quest’ultima che mette in campo tutti gli esami e le azioni possibili per prevenire la malattia, la burocrazia difensiva prescrive di fare il meno possibile.

Il testo, già approvato preliminarmente dal Consiglio del Ministri il 20 gennaio scorso, ha raccolto pareri (consultivi e non vincolanti) molto critici sia dal Consiglio di Stato che da Anac e da Conferenza Stato Regioni, oltre che dal Garante della Privacy, preoccupato della scarsa protezione dei dati sensibili.

Tra i punti critici evidenziati da tutte le associazioni spiccano i seguenti:

1. Le eccezioni, troppo ampie e definite in modo vago come hanno sottolineato Mochi Sismondi di Forum Pa, Guido Romeo di Diritto Di Sapere, Isabella Mori di Cittadinanzattiva e altri.

2. L’obbligo per chi richiede l’accesso ai dati e alle informazioni di definirechiaramente” i documenti che cerca, cosa che è un controsenso per dati e documenti che – per definizione – non sono stati divulgati, con il rischio grottesco (e assai “burocratico) di un diniego motivato da una imprecisa definizione dell’oggetto della richiesta.

3. Il silenzio diniego che non permette di conoscere perché la propria richiesta viene rigettata, come hanno rimarcato Federico Anghelé di Riparte il futuro, Marco Scialdone di Agorà Digitale che ha anche depositato un documento, e Flavia Marzano di Stati Generali dell’Innovazione.

4. L’eccessiva grande discrezionalità delle pubbliche amministrazioni di introdurre un costo per l’accesso che finora è stato gratuito, con il rischio che diventi uno strumento per scoraggiare i cittadini.

Il rischio che il testo attuale tradisca la legge delega che ne ha richiesto l’estensione visto che mancano sanzioni per le amministrazioni pubbliche inadempienti e non ci sono rimedi stragiudiziali non onerosi, ma per i ricorsi ci si dovrà ancora rivolgere al Tar, versando 500 euro di contributo e sostenendo le spese legali.

5. L’opportunità, rilanciata da Ernesto Belisario, primo iniziatore di Foia4Italy (già audita dal Ministero della Funzione Pubblica il 22 febbraio per presentare i suoi rilievi, di istituire un osservatorio sull’accesso all’informazione – magari presso Anac – di cui facciano parte rappresentanti delle amministrazioni e della società civile in modo da monitorare l’effettiva applicazione della nuova normativa e proporre eventuali correttivi .

Viene inoltre evidenziata la necessità di accompagnare una riforma così importante con costanti e pervasive azioni di formazione dei dipendenti pubblici, usufruendo per questo delle ingenti risorse (oltre 800 milioni) che la programmazione europea attribuisce al PON Governance e capacità amministrativa.

Foia4Italy si associa e rilancia gli appelli di tutti i rappresentanti della società civile intervenuti in audizione per chiedere profonde modifiche della proposta di decreto che, allo stato attuale, penalizza fortemente la trasparenza e la democrazia italiana e non è all’altezza di essere definito un Freedom of information act.

Per Foia4Italy e gran parte delle altre associazioni presenti, l’audizione ha confermato la necessità che i punti critici evidenziati nel testo vengano risolti in sede di adozione definitiva perché solo in questo modo si potrà favorire il mutamento culturale necessario per essere un’amministrazione davvero aperta.

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Consiglio di Stato: il Decreto Trasparenza è da rivedere

Bene il principio, dubbia l’efficacia concreta soprattutto in fase di applicazione.

Il Consiglio di Stato, come previsto dall’Articolo 1.2 della Riforma della Pubblica Amministrazione, ha espresso il suo parere in merito al Decreto Trasparenza sollevando numerose perplessità e avanzando diverse proposte di modifica. Tecnicamente, il parere non è vincolante per il Consiglio dei Ministri che dovrà approvare la legge entro fine aprile, ma dà indicazioni che possono essere recepite.

Pur apprezzando e sostenendo, infatti, l’introduzione di una norma che renda la pubblica amministrazione “trasparente come una casa di vetro”, il Consiglio di Stato, in linea con quanto già individuato da FOIA4Italy, ha evidenziato le numerose manchevolezze e incongruenze di un testo definito non in tutte le sue parti “facilmente intellegibile e di piana ed agevole lettura”.

Un’evoluzione importante è sicuramente il riconoscimento, al pari dei sistemi di Freedom of Information Act anglosassoni, di un vero e proprio diritto alla richiesta degli atti in mano alle pubbliche amministrazioni: ciò può realizzarsi a qualunque fine, senza obbligo di motivazioni e soprattutto senza la necessità che il richiedente abbia un interesse “diretto, concreto e attuale” come previsto dalla legge 241/1990 che attualmente regola l’accesso ai documenti amministrativi.

Tuttavia il Consiglio di Stato è molto chiaro su un punto: questo principio rischia di rimanere lettera morta se non accompagnato da modifiche al testo e da una grande attenzione alla fase di attuazione.

PROCEDURE PIÙ SEMPLICI

Innanzitutto il Consiglio di Stato definisce “incongruo” l’obbligo in capo ai cittadini di “identificare chiaramente” i documenti, i dati o le informazioni di cui hanno bisogno: come potrebbero d’altronde conoscere la collocazione di documenti in archivi ai quali non hanno accesso?

Il Consiglio di Stato aggiunge poi l’esempio “della richiesta di notizie circa la situazione affittuaria di un immobile di proprietà di una amministrazione pubblica, per il quale potrebbe essere pretesa l’indicazione dei dati catastali al fine dell’esercizio del diritto di accesso civico.”

Più corretta sarebbe, invece, la richiesta di un’identificazione della “natura ed oggetto” dei documenti desiderati.

Le procedure di richiesta devono essere, inoltre, più semplici, privilegiando l’invio telematico e individuando un unico ufficio-sportello segnalato sul sito di ogni amministrazione (“una sorta di desk telematico unico per la trasparenza”) che si occupi di raccogliere e gestire in prima istanza le richieste di accesso inviate dai cittadini.

In questo modo si abbatterebbero i  tanto temuti costi per le Pubbliche Amministrazioni “fino forse a renderli irrilevanti” e a permettere l’eliminazione nel decreto della richiesta ai cittadini di rimborsare i costi sostenuti dalle pubbliche aministrazioni.

SILENZIO RIGETTO e SANZIONI

Particolarmente dura è la posizione sul silenzio-rigetto e sulla mancanza di qualsiasi obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni di fornire una motivazione in caso di rifiuto o di mancata risposta.

Il silenzio-rigetto – ovvero il principio secondo il quale “se la pubblica amministrazione non ha risposto entro 30 giorni, la richiesta si intende rifiutata” – viene, infatti, definito “un istituto non poco problematico dal punto di vista della partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa” soprattutto se accoppiato con la mancanza di un obbligo di motivazione.

Il Consiglio di Stato definisce esplicitamente un paradosso il fatto che una legge che intende promuovere la trasparenza neghi ai cittadini la possibilità di conoscere in maniera trasparente gli argomenti in base ai quali non gli è stato accordato l’accesso richiesto.

In assenza anche di “chiare disposizioni sanzionatorie” a carico dell’amministrazione che neghi l’accesso agli atti in mancanza di solidi e verificabili presupposti, il cittadino torna così alla complicazione di partenza: trascorsi invano trenta giorni, non gli resta che “l’onerosa incombenza di agire in giudizio per vedere riconosciute le proprie ragioni, senza peraltro conoscere quelle per cui l’amministrazione gli ha negato determinate informazioni”.

Questo, aggiunge il Consiglio di Stato, “rappresenterebbe un evidente passo indietro rispetto alla stessa legge n. 241 del 1990 e al generale obbligo di motivazione dalla stessa previsto”: sarebbe dunque doverosa l’espressione di una motivzione, anche se in forma sintetica.

ECCEZIONI

Altra osservazione è la previsione di “numerose e non sempre puntuali” eccezioni a tutela di interessi pubblici e privati che rendono, di fatto, dubbia la concreta efficacia del decreto.

La mancanza di criteri più dettagliati, infatti, lascia troppo spazio alla discrezionalità delle pubbliche amministrazioni e rischia di fare insorgere ulteriori contenziosi in tematiche sensibili quali ad esempio, le “questioni militari” o le “relazioni internazionali.

Una soluzione, secondo il Consiglio di Stato, potrebbe essere la redazione di linee guida che chiariscano meglio come applicare tali eccezioni.

APPLICAZIONE

Il Consiglio di Stato evidenzia la rilevanza cruciale della ‘fase attuativa’ del Decreto Trasparenza: in molti casi, infatti, “i problemi della pubblica amministrazione dipendono dalla cattiva o mancata attuazione delle leggi, se non dall’eccesso o dal disordine di esse”.

Per questo viene suggerita la creazione di una “cabina di regia” che garantisca piena attuazione al decreto e coordini le parti coinvolte: secondo il Consiglio, tale cabina “potrebbe vedere la partecipazione non soltanto delle strutture ministeriali volta per volta coinvolte, ma anche di quelle responsabili per la formazione, la comunicazione istituzionale, l’informatizzazione, nonché di tutti gli altri soggetti pubblici, anche indipendenti, coinvolti”

In secondo luogo si invita l’Esecutivo ad aprirsi “all’ascolto di voci esterne” tramite l’utilizzo dello strumento delle audizioni o la ricezione di “pareri scritti provenienti da soggetti, anche privati, rappresentativi dei destinatari degli schemi di normativa”.

Nelle prossime settimane sono attesi i pareri, sempre non vincolanti, del Parlamento e della Conferenza Stato-Regioni sul testo del decreto.

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Decreto Trasparenza: il Ministero ascolta FOIA4Italy

“Con noi sono state ascoltate le richieste di trasparenza di 60mila italiani”.

Un gruppo di rappresentanti di FOIA4Italy, forti del sostegno dei quasi 60.000 firmatari della petizione per un Freedom of information act italiano, è stato ascoltato ieri presso il Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione. Sul tavolo un documento da noi prodotto (scaricabile qui) che raccoglie osservazioni e proposte di modifica dello schema di decreto sulla trasparenza approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 20 gennaio.

In rappresentanza del Governo e del Parlamento erano presenti il Digital Champion Riccardo Luna, l’on. Anna Ascani e i tecnici del dipartimento della Funzione Pubblica. Per FOIA4Italy erano presenti, oltre a Ernesto Belisario, iniziatore di FOIA4Italy, Guido Romeo per Diritto di Sapere, Ugo Bonelli per Stati Generali dell’Innovazione (SGI), Fernanda Faini del Circolo Giuristi Telematici, Susanna Ferro per Transparency Italia e Federico Anghelé per Riparte il futuro.

Al centro dell’incontro, dunque, le osservazioni che abbiamo sollevato in un documento riassuntivo trasmesso al Ministero alla fine della settimana scorsa. In particolare il coordinamento con l’accesso agli atti già previsto dalla legge 241/90; le eccezioni, troppo generiche ed estensive; l’esigenza di rendere il procedimento per la richiesta il meno oneroso per l’utente, garantendo una risposta espressa da parte dell’amministrazione.

“Abbiamo apprezzato il metodo – ha dichiarato Federico Anghelé – il governo ha deciso di ascoltare le richieste della società civile. FOIA4Italy si sta rivelando uno strumento validissimo che, aggregando le principali realtà impegnate nella lotta alla corruzione e per il diritto alla trasparenza, coniuga la forza dell’opinione pubblica e le competenze degli esperti. Un’esperienza che non si ferma certo qui”.

“Avere un vero Freedom of Information Act è uno strumento indispensabile per la lotta alla corruzione nel nostro Paese – ha sottolineato Susanna Ferro.

“Ci preoccupa molto – ha aggiunto Ugo Bonelli – la questione dei costi che le Amministrazioni possono richiedere per le richieste di accesso ad atti e documenti.  Abbiamo ribadito la necessità della gratuità per richieste di atti digitali e la definizione di un criterio standard per stabilire i costi delle richieste di documenti disponibili in formato cartaceo”.

“Ci aspettiamo che il governo continui a interpellare anche nelle fasi successive la società civile, così come ha fatto oggi con FOIA4Italy, dimostrando di prendere in seria considerazione le istanze dei cittadini” ha concluso Fernanda Faini.

Ora il testo del decreto legislativo dovrà raccogliere i pareri obbligatori ma non vincolanti del Parlamento, della Conferenza Stato-Regioni e del Consiglio di Stato prima di tornare agli uffici legislativi del Ministero e al Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva.

Le osservazioni di FOIA4Italy.

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NON È UN FREEDOM OF INFORMATION ACT

Dopo tre settimane di attesa, il Governo ha finalmente pubblicato il Decreto Trasparenza approvato in Consiglio dei Ministri il 20 Gennaio scorso. La versione definitiva dimostra solo lievi modifiche rispetto alla bozza diffusa, a fine gennaio, da Il Fatto Quotidiano e Valigia Blu.

Tutte le preoccupazioni da noi già espresse devono, quindi, essere tutte confermate.

Infatti, benché la relazione illustrativa parli di equivalenza ai sistemi anglosassoni di Freedom of information act (FOIA), nella pratica questo decreto è un’arma assolutamente spuntata nella lotta per una vera e concreta trasparenza. Ai cittadini è concesso solo un principio teorico senza alcuna garanzia concreta di accesso a documenti dati e informazioni; non vengono abrogate, peraltro, le disposizioni in materia di accesso previste dalla legge 241/1990 e quindi si creano due strumenti di accesso “paralleli” i cui confini e rapporti non siano chiaramente delineati.

Nello specifico ecco perchè NON è un FOIA:

  1. le pubbliche amministrazioni possono continuare ad applicare il silenzio-diniego senza bisogno di motivazioni, rendendo molto arduo il percorso di richiesta;
  2. non sono previste adeguate sanzioni in caso di accesso illegittimamente negato o di mancata risposta;
  3. le eccezioni all’accesso sono scritte in modo vago, lasciando troppo spazio all’interpretazione e quindi a possibili controversie;
  4. non è previsto che l’accesso ai documenti informatici sia sempre gratuito e non sono indicati precisamente i costi che potranno essere richiesti al richiedente (es. per riproduzione e spedizione);
  5. non è previsto alcun rimedio stragiudiziale e si rimanda a rimedi giudiziari, ovvero il ricorso ai Tar, spesso lenti e sempre onerosi;
  6. non è abrogata la norma che vieta il controllo generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione, in contrasto con la missione del testo di favorire il controllo diffuso da parte dei cittadini (cfr. Art.6 comma 2.3).

Quello presentato oggi è quindi un testo che sembra disegnato apposta per scoraggiare la pubblicazione e penalizzare l’accesso, con il rischio di creare non pochi problemi anche alle amministrazioni che vorranno effettivamente favorire la trasparenza esponendole al rischio di ricorsi e cause. Si rischia, infatti, di rendere maggiormente gravoso il lavoro delle amministrazioni pubbliche, che dovranno utilizzare un ampio potere discrezionale, e può generarsi l’effetto distorsivo di diminuire il grado di trasparenza del Paese e la possibilità di accesso ai dati.

Il deludente testo approvato dal Consiglio dei Ministri in via preliminare non tiene in conto le richieste e le proposte di FOIA4Italy ed è assai deludente rispetto alle promesse fatte dall’esecutivo. Così come è stata vana ogni richiesta di partecipazione che avevamo avanzato per evitare di doverci trovare a commentare l’ennesima occasione perduta.

Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi chiediamo di modificare il decreto per far sì che gli italiani possano ottenere la trasparenza che si meritano e di cui hanno bisogno per partecipare attivamente alla vita della democrazia.

Come Foia4Italy chiediamo inoltre alle Commissioni Parlamentari, che sul testo proposto dal Governo dovranno esprimere un parere obbligatorio anche se non vincolante, di segnalare queste manchevolezze e vigilare affinchè la normativa sull’accesso sia davvero evoluta e all’altezza delle promesse fatte fin qui dai rappresentanti dell’Esecutivo, all’altezza degli altri Paesi e del nostro futuro.

Foia4Italy ha già sottoposto a numerosi parlamentari e pubblicato, alla fine del 2015, tre approfondite review sul Foia relative alla prima proposta di legge in merito e mette a disposizione di tutti gli organi valutatori della nuova proposta, le raccomandazioni dell’OCSE in merito alla legislazione sull’accesso all’informazione. Qui il testo completo (in inglese) e la traduzione delle raccomandazioni di policy (in italiano).

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Decreto trasparenza: senza modifiche drastiche non è un vero FOIA

Il Consiglio dei Ministri del 20 gennaio ha approvato in via preliminare lo schema di decreto sull’accesso ai dati e ai documenti delle pubbliche amministrazioni. Si tratta del decreto attuativo della Legge Madia di Riforma della Pubblica Amministrazione (Legge n. 124/2015) che, nelle intenzioni del Governo dovrebbe diventare il Freedom of Information Act” (Foia) italiano, una nuova legge di accesso all’informazione in linea con i migliori standard internazionali.

La bozza di questo testo non è mai stata pubblicata dal Governo (non c’è stata trasparenza sulla legge sulla trasparenza) ma il  27 gennaio, Il Fatto Quotidiano e Valigia Blu hanno pubblicato la bozza del decreto presentata al Consiglio dei Ministri il 20 gennaio.

Purtroppo, già alla prima lettura della bozza entrata in CdM, questo testo è assai deludente e sicuramente non all’altezza delle promesse che il Ministro Madia e lo stesso Presidente Renzi hanno ripetuto pubblicamente nei mesi scorsi.

Se il testo non sarà modificato nelle prossime settimane, questa sarà l’ennesima occasione perduta per fare dell’Italia un paese più democratico e giusto. Oggi siamo solo 97° su 103 paesi nel ranking internazionale di accesso all’informazione e secondo l’ultimo rapporto di Transparency International penultimi in Europa e 61° nel mondo per lotta alla corruzione.

Con un vero Foia tutti avrebbero diritto di sapere quello che fanno governi e amministrazioni perché i cittadini possono accedere agli atti e ai documenti della pubbliche amministrazion, ma invece di un passo avanti il nuovo decreto rischia addirittura di far retrocedere il nostro Paese.

Allo stato attuale, grazie all’art. 6, il nuovo decreto trasparenza offre molte scappatoie per non divulgare informazioni non solo sulle società partecipate ma anche sulle spese dei politici e molto altro.

Il testo presentato al Cdm del 20 gennaio 2016 non soddisfa le esigenze del Paese e non è all’altezza della democrazia italiana perché non supera il modello di accesso costruito dalla Legge 241 del 1990 e non rispetta i 10 punti irrinunciabili che abbiamo individuato.

Il decreto, infatti, istituisce una nuova tipologia di accesso che non sostituisce quella prevista dalla Legge n. 241/1990. Anzi, il nuovo “accesso civico” rappresenta una sorta di accesso di serie B in quanto consente a chiunque di vedere ed avere copia di dati e documenti solo ove non ricorrano una serie di numerosissime eccezioni. La lunga lista delle esclusioni, di fatto, attribuisce un ampio potere discrezionale alle pubbliche amministrazioni e in più non sono chiaramente individuati i confini tra il nuovo accesso e quello precedente definito dalla legge 241.

Non si comprende la scelta di due strumenti di accesso paralleli, soluzione che non è in linea con il quadro internazionale, complica l’attuazione, rischia di rendere maggiormente gravoso il lavoro delle amministrazioni (che dovranno valutare e utilizzare il potere discrezionale) e può avere l’effetto “boomerang” di diminuire l’ampiezza di dati e documenti per i quali è possibile l’accesso (date le ampie e numerose eccezioni, maggiori rispetto alla legge 241/1990).

Inoltre:

  • non è previsto che l’accesso ai documenti informatici sia sempre gratuito
  • non sono indicati precisamente i costi che potranno essere richiesti al richiedente (es. per riproduzione e spedizione)
  • non è previsto che quando un’informazione sia stata oggetto di un certo numero di richieste di accesso, l’amministrazione debba pubblicare l’informazione nella sezione “Amministrazione Trasparente”
  • i rimedi giudiziari previsti non sono veloci e poco onerosi e non è previsto alcun rimedio stragiudiziale (es. ricorso ad ANAC)
  • non sono previste adeguate sanzioni in caso di accesso illegittimamente negato;
  • le pubbliche amministrazioni possono continuare ad applicare il silenzio-diniego rendendo molto arduo il percorso di richiesta.

Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi chiediamo di modificare il decreto per far sì che gli italiani possano beneficiare della trasparenza che si meritano e di cui hanno bisogno per partecipare attivamente alla vita della democrazia.

Come Foia4Italy chiediamo inoltre al Parlamento, che sul testo proposto dal Governo dovrà esprimere un parere obbligatorio anche se non vincolante, di segnalare queste manchevolezze e vigilare affinchè la normativa sull’accesso sia davvero evoluta e all’altezza delle promesse fatte fin qui dai rappresentanti dell’Esecutivo, all’altezza degli altri Paesi e del nostro futuro.

Se vogliamo che Governo e Parlamento adottino un vero FOIA abbiamo bisogno che i cittadini rivendichino finalmente diritto ad una pubblica amministrazione davvero trasparente.

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Presentazione delle review internazionali sul disegno di legge per un FOIA italiano


 13:00Giovedì 29 Ottobre

Sala Conferenze Stampa della Camera dei Deputati (Via della Missione 4, Roma)

con
On. Anna Ascani (PD)
Ernesto Belisario (Foia4Italy)
introduce
Guido Romeo (Foia4Italy)

Con l’approvazione della riforma della Pubblica Amministrazione lo scorso Agosto, il Governo Renzi ha ricevuto dal Parlamento il mandato di scrivere entro sei mesi un decreto che regoli l’accesso da parte dei cittadini ai documenti, alle informazioni e ai dati in mano alle Pubbliche Amministrazioni. Si tratta di una misura essenziale che la maggioranza delle democrazie avanzate possiede già da anni e che potrebbe garantire un’amministrazione più trasparente, un miglior contrasto della corruzione e un’economia più competitiva.

Mancano poco più di 100 giorni alla scadenza del mandato e ancora il Governo non ha dato alcuna indicazione su come intende tutelare questo diritto e quali saranno le disposizioni del tanto atteso Freedom Of Information Act. Eppure è un tema che tocca ogni cittadino, come dimostra la partecipazione alla nostra petizione che ha superato le 41.000 adesioni,

Al momento l’unico in materia di diritto di accesso depositato alla Camera è il disegno di legge 3042  firmato dall’On. Anna Ascani e depositato alla Camera lo scorso Aprile.

Noi di FOIA4Italy abbiamo, dunque, deciso di coinvolgere tre dei massimi esperti al mondo in materia di diritto di accesso e abbiamo chiesto loro di valutare l’efficacia di questo testo e il rispetto degli standard internazionali.

I contributi presentati sono ad opera di:

  • Toby Mendel: Chair di FOIAnet, network internazionale di attivisti del diritto di accesso, ed Executive Director del Centre for Law and Democracy;
  • Helen Darbishire: Executive Director di Access Info Europe;
  • Ben Worthy: docente della University of London, esperto di open data e trasparenza.

Domani alle 13:00, Ernesto Belisario, avvocato esperto di open government, presenterà ad Anna Ascani le tre review internazionali del suo testo.

Le review analizzano se questa legge rispetti gli standard internazionali e valutano se l’Italia sarà in grado di migliorare la sua posizione disastrosa nelle classifiche sul diritto di accesso.

La conferenza stampa sarà anche trasmessa via streaming all’indirizzo
http://webtv.camera.it/conferenze_stampa

Per ulteriori informazioni:
info@foia4italy.it
Guido Romeo: 349 41 54 010
Claudio Cesarano: 338 23 34 933

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Riforma della PA: il Foia ancora non è legge

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Chiariamolo subito: in Italia il Foia non è legge.

In seguito all’approvazione della riforma della Pubblica Amministrazione lo scorso 4 agosto con il testo “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” molte fonti, sia a livello governativo che parlamentare e giornalistico hanno rilanciato slide come questa, che aprono un pericoloso malinteso perché lasciano intendere che la nuova legge per l’informazione al centro della campagna Foia4Italy è già approvata dal Parlamento italiano.

Purtroppo non è così e perfortuna in molti si sono affrettati a segnalarlo. Da OpenPolis a Diritto Di Sapere (entrambi parte della campagna F4I).

Chiarito questo, possiamo dire che cosa manca perché la delega al governo per fare una legge entro sei mesi dall’entrata in vigore della riforma porti davvero al Foia italiano, o meglio alla nuova legge sull’accesso all’informazione come dovremo imparare a chiamarla.

Tra i punti a favore c’è sicuramente l’articolo 7, inserito grazie all’emendamento Ascani-Coppola, che fissa alcuni principi cardine di un FOIA. Innanzitutto è affermato il diritto di accesso per tutti, indipendentemente dall’interesse del richiedente: non importa, dunque, se la richiesta di accesso ai rendiconti di un Ministero o di un Comune arriva da un giornalista che scrive un’inchiesta o da un cittadino zelante. Inoltre, il ddl prevede che l’accesso sia possibile anche per via telematica e che siano fissate “sanzioni a carico delle amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni normative in materia di accesso”.

Un altro punto a favore sono gli impegni pubblici sia del Primo ministro Matteo Renzi che del ministro Marianna Madia a dare all’Italia un vero Foia che potrebbe arrivare entro la primavera 2016, praticamente a un anno da quando l’On. Anna Ascani ha presentato la prima bozza recepita dagli uffici legislativi della maggioranza e visibile sul sito dell’Intergruppo parlamentare per l’Innovazione.

Il testo, già depositato alla Camera a firma di Ascani (PD), è realizzato a partire da quello proposto dalla coalizione FOIA4Italy.

 


 

I rischi che però tutto evapori in una bolla di sapone però ci sono. Sarà il decreto attuativo (o i decreti attuativi) a definire il futuro del diritto di informazione in Italia. Un decreto che, se ben scritto e applicato, potrebbe rappresentare uno strumento rivoluzionario nella lotta alla corruzione e garantire una reale trasparenza nei rapporti tra Stato e cittadino.

Difendere quelli che abbiamo individuato come i 10 punti irrinunciabili per un FOIA diventa adesso essenziale.

Firma la petizione per chiedere subito al Presidente del Consiglio Renzi un FOIA come garanzia di reale trasparenza e strumento nella lotta alla corruzione.

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